IL GIOCO PATOLOGICO
Cenni storici
La storia del gioco d'azzardo è strettamente legata alla storia dell'uomo, tanto che i primi cenni di questa attività si riscontrano addirittura nel 3000-4000 a.c. Nella civiltà egiziana infatti era già praticato il gioco dei dadi (il termine "azzardo" deriva dal francese "hasard", a sua volta termine di origine araba, "azahahr" che significa dadi). In India, Giappone e Cina si hanno testimonianze di forti scommesse, sia al gioco dei dadi che alle corse dei cani. Nella Roma imperiale, personaggi come Nerone, Caligola e Claudio furono verosimilmente accaniti giocatori, che oggi definiremmo come "giocatori patologici o compulsivi". Nei secoli a noi più vicini c'è stata una notevole espansione della modalità di gioco, a partire dalle scommesse sui cavalli alle lotterie, delle quali si ha testimonianza dai secoli XVI-XVII. La roulette fu inventata nel XVI secolo dal filosofo Blaise Pascal, mentre la slot-machine nel 1985 dall'americano Charles Fay.
Vizio o malattia?
La distinzione tra "vizio" e malattia, in riferimento al gioco d'azzardo, comporta alcune considerazioni di carattere generale: il vizio è un comportamento deliberatamente messo in atto col quale si riferiscono connotati moralistici negativi, in sostanza è un comportamento volontario che il soggetto può interrompere a suo piacimento; la malattia è una condizione in cui la persona subisce qualcosa o viene privata di qualcosa: la salute in primo luogo. Il gioco di azzardo, così come il fumo e l'alcool rimangono un vizio finchè non insorgono le caratterisitiche tipiche della dipendenza, ovvero la tolleranza, l'astinenenza e la perdita di controllo. La tolleranza consiste nel bisogno sempre maggiore del gioco per ottenere lo stesso livello di eccitamento, l'astinenza si traduce in nervosismo, ansia e tremori se si tenta di smettere, la perdita di controllo per la presunta capacità di poter smettere senza tuttavia riuscirvi.
Si definisce "gioco d'azzardo patologico" una malattia mentale classificata dall'American Psychiatric Association nell'ambito dei "disturbi del controllo degli impulsi e che ha grande affinità con i comportamenti di abuso e con la dipendenza. Comprende la progressiva perdita di controllo sul comportamento nonchè la preoccupazione che ne deriva, la ricerca di una esibizione di euforia, il craving ovvero il desiderio compulsivo e irrefrenabile di giocare, l'instaurarsi della tolleranza e dell'astinenza, l'aumento dell'attività in periodi di stress e di depressione, il perseverare nel comportamento a fronte di gravi conseguenze. Il gioco d'azzardo patologico è un disturbo invalidante con un decorso cronico che può essere responsabile di comportamenti autolesivi.
Identikit del giocatore
Lo stereotipo che noi abbiamo del giocatore d'azzardo, quale quello proposto dalla cinematografia, ad es. il giocatore d'azzardo dei film western, fornisce un'immagine di questa patologia completamente fuorviante. E' impossibile pretendere di individuare il giocatore d'azzardo patologico dalle caratteristiche somatiche, dall'età, dal sesso o dalla classe sociale. Tuttavia, dal punto di vista psicologico, più frequentemente è un soggetto con una struttura della personalità narcisista, impulsiva e dipendente con una autostima molto bassa. I giocatori compulsivi o patologici sono quelli individui incapaci di resistere all'impulso di giocare. Il loro comportamento compromette e distrugge le loro relazioni professionali, familiari e lavorative. La prima domanda che ci si pone davanti ad una persona che si è rovinata con il gioco di azzardo è: "ma perchè non si è fermato prima?".
La dipendenza
Nelle dipendenze, in realtà, si determina tutta una serie di circoli viziosi che automantengono il comportamento. Nel gioco di azzardo il principale è il "chasing", cioè l'inseguimento delle perdite: dopo una prima fase caratterizzata da vincite esaltanti, la tendenza dell'individuo predisposto all'abuso è di rincorrere altre vincite aumentando la frequenza del gioco e le puntate. Quando il soggetto inizia a perdere attribuisce ciò ad un periodo sfortunato e tende ad aumentare il fattore di rischio, nell'illusione di ottenere vincite più alte e nel tentativo di recuperare il denaro perduto con un colpo di fortuna.
In realtà la maggior parte dei soggetti che giocano possono essere considerati "giocatori sociali" per i quali il gioco d'azzardo rimane un'attività di divertimento in cui investire deliberatamente parte del proprio tempo e del proprio denaro. Tuttavia per alcune persone quello che sembra un semplice vizio si trasforma in una vera e propria schiavitù, probabilmente in rapporto ad una predisposizione alla dipendenza generata da fattori biologici, ambientali e psicologici. I soggetti predisposti che vengono in contatto con il gioco, possono più facilmente sviluppare l'abuso e in seguito una dipendenza che si manifesta in maniera subdola e progressiva. In tal caso siamo di fronte ad una malattia cronica che necessita di un intervento terapeutico, farmacologico e psicologico strutturato. L'obiettivo della cura deve essere dapprima l'astinenza dal comportamento e in seguito una condizione di "sobrietà", ovvero di cambiamento nello stile di vita che permetta di essere più forti di fronte alle sempre possibili ricadute.
L'espressione "mi sento depresso" significa per molti sentirsi giù, essere avvilito, avere un momentaneo abbattimento.
Frequentemente, quando qualcosa va male si sente dire: "oggi sono sotto tono", "mi sento triste, demotivato".
A livello medico il termine depressione ha un significato preciso e descrive uno stato patologico costituito da in insieme di sintomi e di comportamenti:
-il depresso si sveglia stanchissimo, senza interesse per il giorno che ha davanti, con un grande senso di angoscia.
-il depresso si alza e si veste con fatica, non cura la propria persona, perchè tutto questo comporta una scelta: la difficoltà a prendere decisioni è uno dei sintomi più frequenti della depressione. Ne derivano sentimenti di colpa, di autosvalutazione, di ridotta stima di sè.
-il depresso perde spesso ogni motivazione ad agire, si sente svuotato, debole, incapace di affrontare il mondo, tutto gli è indifferente. A nulla valgono le sollecitazioni e gli incoraggiamenti, anzi frasi come "sforzati...cerca di reagire!" hanno l'effetto opposto e sono vissute come dimostrazione della propria inutilità.
La depressione è una malattia diffusa che nell'arco della vita colpisce il 15-20% della popolazione, è presente in tutte l'età anche se la maggiore frequenza si ha tra i 20 e i 40 anni, colpisce tutti i ceti sociali ed è responsabile di un disturbo dell'umore.